Il terrorismo islamico è stato sottovalutato o mal-valutato

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Non è un caso che l’attentato di stamattina a Bruxelles, la cosiddetta capitale europea, sia avvenuto appena dopo la cattura, sempre a Bruxelles, di Salah Abdeslam, e non è semplicemente che “il Belgio è stato colpito perché parte della coalizione internazionale” come si legge nella rivendicazione dell’ISIS: il Belgio e in particolare i quartieri di Bruxelles sono stati lo scenario dell’ennesimo attentato terroristico perchè lì si concentrano migliaia di islamici e in particolare i cosiddetti second-generation immigrants, i figli degli immigrati che sono andati in Belgio per cercare lavoro attratti dal “sogno europeo” e che si sono ritrovati ad auto-ghettizzarsi in quartieri come quello di Molenbeek (per intenderci quello da cui provenivano gli attentatori di Parigi) e adesso che i loro sogni sono stati distrutti e si trovano, come milioni di europei, senza lavoro ma anche sempre più (auto)marginalizzati, trovano conforto o ritrovano se stessi, la loro cultura o le tradizioni che i genitori avevano abbandonato negli anni, in organizzazioni terroristiche.

Per l’ISIS è più facile colpire dove sono già presenti cellule, dove si concentrano gli islamici delusi e arrabbiati, in un certo senso illusi da questa accoglienza e dalla speranza che ne deriva. Per questo noi non possiamo, come nessuno in questa Unione Europea, ritenerci al sicuro e lontani dal pericolo, perchè oltre ad essere vicini alla Libia e alla Grecia (da dove partono gli immigrati che scappano dalla Siria), siamo anche il Paese da cui passano tutti i clandestini che arrivano in Europa via mare dalle coste dell’Africa settentrionale e proseguiamo con l’accoglienza incontrollata avvolta nella nebbia del business.

Per anni si è continuato ad accoglierli e a permettere che si riunissero in quartieri, ghettizzandoli e ghettizzandosi, facendoli propri, senza porsi domande sui problemi che potevano derivare. Si è visto come anche in Italia, che è lo specchio dell’Europa, fino a qualche mese fa passavano solo messaggi rassicuranti, i politici si affrettavano a dire che non c’erano rischi nè pericoli, che tutto era sotto controllo, che il problema erano quelli che mettevano in guardia dai pericoli di attentati anche da noi, in Europa ma anche da questa parte delle Alpi. Si diceva che eravamo dotati dei mezzi per prevenire ed evitare un attacco terroristico, di non preoccuparsi, di non fare falsi allarmismi. Oggi invece il Ministro dell’Interno Alfano ammette che “non esiste un Paese a rischi zero”, e infatti proprio poche ore prima era stato arrestato un iracheno che viveva nel napoletano ed era già sorvegliato da Francia e Belgio perchè accusato di essere in contatto con terroristi.

Il terrorismo islamico si è sottovalutato troppo, sono stati fatti  calcoli ed evidentemente studi ed opinioni sbagliate, spesso non se ne parla o se ne parla solo in parte (quella che conviene) per paura o per convenienza politica. La realtà però ce l’abbiamo sotto gli occhi, e quella di oggi è solo l’ennesima conferma: bisogna avere il coraggio di dire la verità e prendere decisioni e risposte dure, immediate, concrete e utili. Non ci si può nascondere, non si possono fare calcoli politici, non si può più aspettare, non bisogna avere paura di agire anche se duramente. La risposta ai terroristi deve essere totale, senza troppi spazi a discorsi molto filosofici ma poco pratici. Invece di preoccuparsi della crescita delle destre e della xenofobia, sarebbe meglio se i governanti si preoccupassero di combattere con tutte le misure e i mezzi possibili il terrorismo. Il problema è quello. La causa dei morti è quella. Un problema che si è sottovalutato troppo e per troppo tempo. Non basta piangere dopo la tragedia se la tragedia si poteva evitare.