Quello di Roma è il vero M5S

Quando sei un partito ma vuoi chiamarti Movimento (o MoVimento) e non essere associato agli altri seppure partecipi ugualmente alle elezioni e alla vita politica, ignorando il significato costituzionale della parola e quindi di fare parte di quella categoria, che non è un qualcosa per forza negativo o losco; quando, per accentuare la tua diversità dal resto che reputi marciume, appelli i tuoi esponenti “cittadino-portavoce” al posto del nome della carica, forse per metterti al riparo dall’autogol della frase che aveva preceduto la campagna elettorale “i politici sono dei ladri corrotti, tutti a casa!” e che ora vede i tuoi negli stessi panni degli altri; quando non hai uno statuto ma due regolamenti, dei quali uno di un “MoVimento” e l’altro di un altro “Movimento” che però è composto solo da 4 persone fino al 2015 e prima di essere considerato nullo veniva usato per espellere i tesserati dell’altro, ovvero quello che si presentava alle elezioni; quando basi tutto sulla democrazia diretta ma poi le decisioni si prendono su un blog gestito da una sola persona, che non appare mai e decide ogni cosa da dietro un pc, avvolta da un’aurea misteriosa, che è l’unico ad avere le chiavi di accesso ai codici del blog stesso e le quali votazioni avvengono solo tra i tesserati e per di più in orario lavorativo, spesso inoltre con accuse di vario tipo e contestazioni; quando basi tutto sulla trasparenza e l’onestà ma poi le statistiche dicono che hai più problemi del PD e quando arrivi a governare città medie ti sgretoli, città grandi implodi; quando la frequenza delle dirette streaming è inversamente proporzionata all’importanza di prendere decisioni in situazioni problematiche all’interno; quando il tuo esponente di spicco che vuole fare il Presidente del Consiglio dichiara di aver letto male un’email e non averla capita; quando una delle 5 Stelle è relativa ad un simbolo che è anche quello del tuo possibile fallimento come maggiore forza di opposizione e perlomeno di quella credibile: l’ambiente (del quale Muraro è assessore)… beh quando sei tutto questo non sei una barzelletta e neanche una forza politica seria, ma un misto tra le due cose. Come Grillo: un misto tra comicità e parvenza di politica. Ma la politica, quella vera, è “sangue e merda” come disse Rino Formica, mentre il M5S la merda la spara solo contro gli altri e il sangue lo fa venire freddo a chi legge certe loro dichiarazioni. Il problema è che il M5S sta facendo passare il messaggio che la politica sia tutto uno schifo, propagandando con demagogia di essere il migliore, e una folta schiera di cittadini esasperati si aggrappano a questa speranza e arrivano a credere ad ogni dichiarazione del megafono Grillo, del blog e dei parlamentari – ops, dei “cittadini-portavoce” – prendendone le difese nei momenti difficili dando la colpa agli altri, al sistema e a fantomatici complotti. Bisogna vedere, ed è interessante, fino a quando i fedelissimi resteranno tali, fino a quando daranno fiducia al partito che ha dimostrato di essere il più incoerente di tutti e per certi versi uguale agli altri, con le stesse debolezze (forse in alcuni casi e in parecchi ambiti maggiori) e gli stessi problemi, che di per se non lo rendono peggiore degli altri, ma è esso stesso che si pone in condizione di esserlo, perchè doveva essere il cambiamento, composto solo da gente onesta, super trasparente e con un codice disciplinario che però è valso solo quando e con chi ha fatto comodo.
Le conseguenze di avere rappresentanti totalmente impreparati e che non sanno dove si trovi Montecitorio e studiano la costituzione sui cd ora emergono. Ma esiste uno zoccolo duro che non si cura di ciò e neanche di altre questioni sollevate dai giornali. Alcuni neppure delle bugie e dai diversi trattamenti e modi di agire che emergono in queste ore, dando la colpa ai giornalisti e ai partiti (come loro). Insomma, la dottrina M5S funziona, e allora se si perde è un complotto e se si vince è allo stesso modo un complotto, se governano bene è merito loro e se governano male di chi c’era prima, se un esponente di un qualsiasi partito o che ricopra qualsiasi posizione è indagato deve dimettersi ma se indagano uno della loro giunta diventano garantisti.

Di Maio dice, ancora il 6 settembre, di non saperne niete (e non di aver letto male l’email), la Raggi di non avere informato Grillo e Di Maio (bell’esempio di trasparenza!) il quale però era stato informato da Paola Taverna (informata a sua volta dalla Raggi, che quando dice di aver informato i vertici si riferisce al direttorio romano). Addirittura Di Maio chiede se qualcuno era stato preallertato (certo, lui!), e alla domanda di Grillo se il direttorio ne sapesse qualcosa, rispondono di no, peccato che nel direttorio nazionale ci sia proprio di Maio! E se molti della base iniziano a manifestare i primi segnali di ribellione e a sollevare critiche, altri affilano le armi e si schierano con i vertici.

Ma vediamo cosa diceva l’email che Di Maio dice di non aver capito: «si parla di un’imminente notifica di un avviso di garanzia all’assessore per un’ipotesi di reato consistente in violazioni procedurali di verifica e di controllo prescritte dal Testo Unico dell’Ambiente. L’assessore in ogni caso è già indagata secondo quanto risulta dalla visura ex articolo 335». Assessore: quindi non avrebbe potuto confonderla con il numero uno di Ama, Daniele Fortini.

Criticare è la cosa più facile in politica, ma poi se si vuole ambire a forza di governo bisogna avere un programma, un progetto, una vision, gente preparata e competente, e scendere a patti, dialogare, collaborare. Il M5S non ha e non vuole nulla di questo. Forse perchè sta benissimo all’opposizione ed è consapevole, da ora ancora di più, che la sua politica del contro-tutti e contro-tutto senza proporre alternative attuabili e strutturate gli fa fare il pieno di voti, che rischia però di perdere qualche mese dopo essere messo alla prova. Sicuramente rischia di perdere credibilità e legittimità di forza alternativa. Sono finiti in un tornado creato da loro stessi, intrappolati nelle critiche e nelle denunce ingigantite in questi ultimi anni rivolte a quelli che stavano negli stessi palazzi dove ora si trovano loro. Sono responsabili dell’anti-politica e della sfiducia verso i partiti e i politici, che da loro cavallo di battaglia è diventato un cavallo di Troia.

Il vero M5S è quello che vediamo in questi giorni a Roma, e come ha detto Antonio Polito su Il Corriere del 7 settembre, spiace che molti cittadini ne rimarranno delusi. O ne siano già rimasti delusi. Io no, aspettavo solo quando accadesse, perchè viste le condizioni sopra citate era imprevedibile. Ci hanno messo meno di quello che credessi, ma mi hanno stupito solo una volta: a Torino. Lì, a quanto pare, non è il vero M5S.

Le due grilline al ballottaggio

Le due grilline al ballottaggio

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Chiara e Virginia. Sono le due candidate a 5 Stelle che domenica andranno al ballottaggio rispettivamente a Torino e a Roma. La prima ha una figlia appena nata, la seconda un figlio di 7 anni; Chiara ha studiato al liceo scientifico e poi economia, Virginia al liceo classico e poi giurisprudenza; entrambe sono sposate; ma Chiara ha 6 anni in meno di Virginia; entrambe hanno anche avuto un’esperienza come consigliere comunale, ma quando la Appendino è stata eletta nel 2011, la Raggi si era appena avvicinata al M5S (grazie al marito) e dovette aspettare 2 anni per entrare in Campidoglio. Se la Raggi ha un retroterra di sinistra, la Appendino – anche a causa dei suoi 31 anni appena – appare più lontana da questi accostamenti e dalla vicinanza, o meno, con Berlusconi.
Ma se nella capitale, per buona pace di Orfini, lo scenario profilatosi era praticamente scontato, nell’ex capitale era ancora aperta la possibilità – seppur sorretta da poche speranze – di una vittoria al primo turno dell’esperto e astuto Fassino. Tuttavia, avrei scommesso sicuramente sul M5S come sfidante del PD al ballottaggio anche a Torino, perché considero la Appendino il migliore esponente dei pentastellati. Migliore anche di Di Maio e del duo formato da Di Battista e Fico col quale ha chiuso la campagna elettorale. La reputo più vera e più convincente, di migliore presenza e impatto e non per il fatto di essere anche carina.
Sostanzialmente il mio pensiero di comparazione tra le due candidate è il seguente: se parla la Appendino prende voti, se parla la Raggi perde voti.
Sono arrivato a questa conclusione dopo aver ascoltato (devo ammetterlo, poche battute, ma va detto che hanno parlato poco) la Raggi sul palco di Roma e la Appendino in una trasmissione TV e sulla sua pagina Facebook. La prima era più impacciata, risultava tesa, quasi si impappinava, la voce tremava e pareva non sapesse cosa dire. Mentre la seconda era nettamente più decisa, sicura di sé e tagliente, presentava bene i punti e in modo chiaro, coinvolgendo l’ascoltatore e prendendosi anche una certa simpatia e gradevolezza.
Il punto è che a Roma il M5S avrebbe comunque fatto un exploit, dopo le ultime due disastrose amministrazioni: sono Giachetti ed il PD che hanno fatto un miracolo, non i 5 Stelle. A Torino, invece, il risultato della Appendino è sorprendente e ha sorpreso pure lo stesso Fassino, visibilmente preoccupato e sicuramente scocciato di dover aspettare il ballottaggio per vincere. I voti che il M5S ha preso a Roma sono voti dati al partito per una questione di impossibilità di votare altro, i voti presi dal M5S a Torino invece sono anche voti presi dalla Appendino. Inoltre, i dati di dicono che nelle città dove si fa politica e si amministra con la politica e non con i disastri, il M5S è fermo attorno al 10% o appena sopra, come a Milano e Bologna, mentre a Torino è al 30%, e non sono successi gli scandali di Roma, dove ha appena il 5% in più.
Vorrei sbagliarmi, ma al secondo turno a Torino vincerà il PD, perché l’elettorato del M5S pesca nell’astensione, nei delusi e negli arrabbiati, e queste categorie di persone difficilmente vanno al voto una seconda volta, perché sono già stanche e demotivate. La sinistra, invece, ha un elettorato che va a votare sempre, cosa che gli permette di riportare tutti alle urne 14 giorni dopo. Diverso è il discorso per Roma, dove tuttavia i 10,3 punti percentuali di vantaggio della Raggi potrebbero non essere sufficienti. Infatti, a tutti quelli che danno già per certa la sua elezione – visto il distacco – ricordo che in Austria Hofer aveva ben 14,8 punti di vantaggio su Van der Bellen, eppure al secondo turno ha perso. Va bene, in Austria si sono coalizzati tutti contro di lui, mentre a Roma alcuni partiti sperano che vinca il M5S, ma là al ballotaggio sono andati a votare più elettori che al primo turno. E sicuramente hanno votato a sinistra, consegnando la vittoria al verde.
Domani più persone andranno a votare e più aumenterà la possibilità per almeno una di queste due giovani candidate di diventare sindaco. Altrimenti avranno comunque fatto un risultato eccezionale, mettendo in forte difficoltà in PD e in imbarazzo Renzi. Ma più la Appendino.